Kushiel's Legacy ~ Jaqueline Carey's Saga First Italian Forum {Since 27-12-07}

che ne pensate della traduzione?

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Moirin
view post Posted on 3/11/2009, 20:05




Allora, sto leggendo Il trono e la Stirpe e, sebbene mi piaccia perchè amo la storia di Imriel, non posso fare a meno di pensare che preferivo di gran lunga la traduzione di Elisa Villa. Non ci sono delle differenze insormontabili o degli errori gravissimi ( a parte Valère de L'Envers SORELLA e non FIGLIA di Barquiel, ma vabbè...) ma delle piccole cose che comunque mi fanno venire la pelle d'oca. Ci sono alcune frasi che secondo me non sono molto ben tradotte, alcune espressioni... l'espressione abeyante, invece di restare com'era è stata trodotta con in sospeso (????) e non c'è nulla che non valga la pena sapere è diventato ogni conoscenza è utile, orribile secondo me! qualcun'altro ha avuto la stessa impressione?
 
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Moirin
view post Posted on 3/11/2009, 20:38




ah, dimenticavo: non sempre chi accondiscende e debole è diventato la parte che cede non è sempre la più debole... orribile secondo me!
 
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Anemon
view post Posted on 5/11/2009, 08:24




Ehm ... che tristezza, Moirin!!! Purtroppo ciò che maggiormente mi aveva colpito, nella trilogia, erano proprio le squisite espressioni linguistiche, lo "stile" dei romanzi, trascinante e travolgente ... elegante e semplice ... E sono proprio le "finezze" come quelle che descrivi che fanno la differenza fra un capolavoro ed un'opera godibile ... e nulla più. <sospiro> Naturalmente acquisterò comunque i volumi - suo tempo - ma... Dopo ciò che scrivi, sarò un po' prevenuto ...

il DRAMP
 
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Drucilla
view post Posted on 5/11/2009, 17:53




In effetti si resta un po' così leggendo vocaboli e frasi tradotti in maniera differente ma non l'ho trovato così terribile. Certo era meglio se questi cambi non c'erano ma non cambia molto a mio parere o.o

CITAZIONE (Moirin @ 3/11/2009, 20:05)
a parte Valère de L'Envers SORELLA e non FIGLIA di Barquiel, ma vabbè...

Valère è la figlia di Barquiel mi pare o.o la sorella era la madre di Ysandre
 
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Moirin
view post Posted on 5/11/2009, 20:09




si, infatti è la figlia, ma hanno tradotto sorella... sono d'accordo che nel complesso non cambia moltissimo e la storia è comunque bellissima, però io sono un po' una perfezionista e secondo me certi vocaboli non sono tradotti nel modo migliore, ma questa è una mia modestissima opinione, in fondo amo comunque la storia! :)
 
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Drucilla
view post Posted on 6/11/2009, 12:45




Hai ragione, ero convinta di aver letto figlia :blink: chiedo umilmente perdono ^^
In ogni caso la frase stessa è stata tradotta in maniera un po' differente o.o

CITAZIONE
She used it to compel Barquiel L'Envers to hold the City against
Percy de Somerville's army, and she used it to compel his daughter in Khebbel-im-Akkad. Valère L'Envers, who is wed to the Khalif's son, petitioned her husband for aid in retrieving me from Drujan because of it.

mentre la traduzione italiana è:

CITAZIONE
L'aveva usata per costringere Barquiel de L'Envers a tenere la città contro l'esercito di Percy de Somerville, e l'aveva usata per forzare la mano alla sorella (figlia) di lui, Valère, a Khebbel-im-Akkad. E assai mal volentieri Valère L'Envers, la moglie del figlio del Kaliffo, aveva dovuto chiedere al marito di aiutare Phèdre a portarmi via da Drujan.

 
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Valpur
view post Posted on 9/11/2009, 09:34




Cosa ne penso della traduzione?
FA SCHIFO!
Mi irrita da morire.
Sono solo dettagli quelli che sono stati modificati, certo, ma provo la stessa sensazione di fastidio cosmico di quando comprai il dvd del Re Leone e mi accorsi che avevano cambiato il doppiatore di Timon.
Perché? Perché tradurre termini prima lasciati nella versione originale? Perché togliere tutti gli articoli quando si parla deLLA Città di Elua? E vogliamo parlare di quell'accenno di "Potente Kushiel di sferza armato" che diventa una boiata tipo "Kushiel il potente, della sferza e la verga" o qualcosa del genere? O "languissement" che perde misteriosamente una "s"?
Mah. No, la odio proprio.
La voce narrante è cambiata, è più pomposa e antipatica; odio quegli "impossibilmente bello/forte/quelchevuolete" che compaiono davvero troppo spesso.
Perché il traduttore non si è nemmeno preso la briga di andarsi a leggere almeno uno dei libri precedenti per farsi un'idea? Ah già, scusate, lavora per la stessa casa editrice che ha spezzato il libro originale in due per farlo pagare di più.
Graaaahhhh!!!>__<
 
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Moirin
view post Posted on 9/11/2009, 15:30




la penso esattamente come te!!! quasi quqsi mi verrebbe voglia di scrivere una mail alla Nord a proposito di questo!
 
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zuddas
view post Posted on 25/11/2009, 17:23




:huh: :huh: :huh:

Sulla traduzione di "Kushiel's Scion" sento il dovere di dare qualche spiegazione.
Una premessa: Per il termine "abeyante" ho chiesto alla casa editrice di sostituirlo alla parola "in sospeso" nella prossima edizione economica della TEA. La direttrice editoriale mi ha assicurato che comunicherà la correzione ai colleghi della TEA. Ma ne parlerò ancora, più in basso.
In maggio, quando la casa editrice mi chiese di tradurre "Kushiel's Scion", ero molto perplesso. Innanzitutto mi chiedevo perché non lo avessero affidato alla traduttrice che aveva tradotto la trilogia di Phèdre. Poi, c'era il fatto che non mi erano arrivati questi primi tre romanzi, affinché io ne ricavassi la terminologia usata in essi. Li chiesi alla casa editrice, ma per qualche disguido del corriere non mi arrivarono. Nelle librerie di Livorno non li trovai, così dovetti ordinarli, e intanto cominciai a tradurre "Kushiel's Scion" senza conoscere la terminologia usata nella trilogia di Phèdre. Fra l'altro, il termine di consegna della traduzione era breve, così dovetti affrettarmi.
In giugno finalmente la libreria a cui avevo ordinato i romanzi me ne fece avere intanto uno, "La Maschera e le Tenebre", ma ormai ero a metà della traduzione de "Il Trono e la Stirpe", e tutto ciò che potei fare fu di usarlo per correggere tutta la terminologia errata che potei identificare nel lavoro già fatto. Vi lascio immaginare quanto fossi entusiasta di dover lavorare in queste condizioni. Il 10 luglio, termine di scadenza per la consegna della traduzione de "Il Trono e la Stirpe", neppure un'ultima accurata rilettura mi bastò per eliminare alcuni piccoli errori.
Dopo aver potuto finalmente leggere "La Maschera e le Tenebre" mi ero accorto, soltanto allora, che lo stile della traduttrice precedente era molto diverso dal mio. D'altra parte, su questo non potevo farci niente. La casa editrice sapeva benissimo che io non avevo lo stesso stile, dunque avrebbe dovuto continuare ad affidare a quella traduttrice i romanzi della Carey. Ma la casa editrice aveva un problema: l'altra traduttrice è una professionista più professionista di me, nel senso che lei lavora per diverse case editrici. In quel periodo era impegnata altrove, e bisogna supporre che avesse i suoi motivi per non essere interessata a tradurre le opere della Carey. Su questo sarei curioso di sentire la sua versione, se lei volesse spendere due righe su questo blog.
Ora, devo essere esplicito in una cosa: per quanto lei sia brava (ed è molto brava) voglio dire che nella traduzione della trilogia di Phèdre la traduttrice ha fatto delle scelte che io non avrei fatto. Una cosa strana è stata quella di aver messo un accento sul nome di Mélisande, mentre nell'originale inglese non c'è nessun accento. Un'altra è stata quella di usare dei titoli inglesi (lord e lady) per dei personaggi che vivono in una terra di natura francese, dove i lord e le lady non sono mai esistiti. "Lady Phèdre" andava semmai tradotto con un titolo francese, ad esempio "madame Phèdre", visto inoltre che nel mondo della Carey i lord e le lady non esistono neppure in Alba, cioè nell'equivalente dell'Inghilterra. Altra stranezza va considerata il suo uso del titolo "monsignore", titolo che il nostro vocabolario riserva obbligatoriamente agli alti prelati della chiesa.
In quanto ad "abeyante", come ho detto, in quel momento non avevo ancora a disposizione la terminologia della prima trilogia, così ho tradotto la parola basandomi sul vocabolario inglese, e quello è rimasto un errore che in seguito, quando ho finalmente avuto in mano la terminologia usata negli altri romanzi, mi è sfuggito e non ho corretto. Però voglio dire questo: "to be in abeyance" significa in inglese "essere in sospeso". E voglio sottolineare che al posto della prima traduttrice io avrei tradotto comunque e sempre con: "in sospeso", per il semplice motivo che "abeyante" resta una parola inglese, e in una terra francese non esiste un motivo logico per cui la gente debba usare una parola inglese. E' la stessa semplice logica per cui "lady" andava sicuramente tradotto con "madame" oppure con "signora".
Su questo ho chiesto spiegazioni alla casa editrice. Ma il concetto di base, mi è stato ripetuto, è quello di conservare gli stessi errori anche nei romanzi successivi, affinché i lettori non trovino delle differenze strane.
Ma la vera scelta che io non avrei fatto, al posto della prima traduttrice (benché per altri versi in lei sia un pregio) è stata nella costruzione della frase, che nella sua traduzione è troppo lenta ed elaborata, mentre Jacqueline Carey scrive in inglese con una frase dal ritmo più veloce.
In maggio, quando la casa editrice chiese il mio parere su dove sarebbe stato meglio dividere in due questo romanzo, io ero molto perplesso anche su questo. Scelsi la fine del capitolo 37, e poi proposi alla casa editrice di limitare i danni facendo almeno precedere la seconda metà (Il Sangue e il Traditore, che uscirà in febbraio) da un riassunto della prima metà.
Ma ci voleva poco a vedere che la prima metà del romanzo era soltanto una preparazione a ciò che sarebbe accaduto nella seconda metà, assai più interessante e piena d'avvenimenti. D'altra parte nella prima metà la Carey s'era dedicata molto alla costruzione del personaggio di Imriel, e questo suo lavoro andava tutelato. L'interrogativo che mi posi verso fine giugno fu questo: valeva la pena che io riscrivessi la traduzione già fatta imitando lo stile della precedente traduttrice? La cosa non era del tutto impossibile, alla fine.
Il motivo per cui scartai questa ipotesi fu innanzitutto uno: la traduttrice precedente, pur essendo bravissima, di grande sensibilità espressiva e con un vocabolario molto esteso, ha tuttavia questo modo "lento" di costruire la frase. Costruisce cioè la frase in un modo elaborato che induce i lettori a fare delle pause. E questo va benissimo nella maggior parte dei romanzi. Ma in un romanzo la cui trama costringe i lettori a dire "Qui non succede niente per centinaia di pagine", bisogna pensare innanzitutto a salvare il romanzo, a salvare il lavoro della Carey messo in pericolo dalla decisione di dividere in due il libro. In questi casi il traduttore deve dare alla frase un ritmo scorrevole assai veloce, nel tentativo di migliorare la leggibilità di un testo che rischia di risultare noioso. Ma soprattutto questo significava, inoltre, rispettare meglio lo stile letterario della Carey, che è appunto più "veloce" di quello usato in italiano nella trilogia di Phèdre.
Prendiamo ad esempio il linguaggio dei cortigiani. La Carey non è una sciocca, e poichè ha ambientato questi romanzi in un'Europa pre-rinascimentale intorno all'anno mille, sapeva che a quell'epoca le corti europee erano poco sofisticate, quasi corti selvagge se paragonate alle corti sofisticatissime del diciassettesimo secolo francese o inglese. Il linguaggio di corte della regina Ysandre non può essere quello delle corti di molti secoli dopo. E la Phèdre e la Ysandre della Carey hanno infatti un linguaggio semplice in inglese, quasi popolaresco. Tradurre dando loro un modo di esprimersi più elaborato non corrisponde nè alla logica della realtà nè (soprattutto) al rispetto letterale del testo inglese scritto dalla Carey.
C'erano poi altri motivi per non adeguarmi alla traduzione precedente, se devo essere del tutto sincero. Uno di essi era che la trilogia di Phèdre non ha venduto molto. Questo è un vero peccato, secondo me, tuttavia è un fatto. E la conseguenza di questo fatto è che poi diventa necessario interrompere la serie, oppure cambiare stile e cercare un'altra e diversa fascia di lettori ai quali uno stile diverso potrebbe forse (dico forse) piacere di più. La pena per le serie che non vendono è l'interruzione della serie, ed è una cosa che come traduttore io detesto. Mi dà l'impressione di aver lavorato stupidamente per niente, e anzi collaborato a deludere i lettori (per pochi che siano) che aspettavano la conclusione di quella serie.
Circa l'ipotesi che la Carey abbia voluto cambiare lo stile della voce narrante, perché stavolta essa non è più la voce femminile di Phèdre bensì la voce maschile di Imriel... be', se fosse vero, questa sarebbe un'operazione letteraria abbastanza unica nella storia della letteratura mondiale. Uno scrittore ha il suo stile, e non è logico che decida cambiare il suo stile perché nella trilogia successiva è cambiata la voce narrante. La cosa può accadere solo quando lo scrittore cambia completamente il genere dei romanzi che scrive, ad esempio se passa dai gialli alla fantascienza. Ma l'ambiente in cui si muove Imriel è sempre lo stesso ambiente di Phèdre, perciò io escludo questo genere di sforzo letterario da parte dell'autrice.
Anche il fatto che sia stata la casa editrice a scegliere un traduttore di sesso maschile per meglio corrispondere alla voce narrante di un protagonista maschile non è realistico, credo. Dico "credo" perché la casa editrice non mi confida di certo i motivi che la inducono a scegliere i suoi traduttori. Questi sono fatti personali che non riguardano me, e su cui non posso neanche permettermi di fare domande. Ai traduttori viene anzi richiesta molta riservatezza sui comportamenti interni della casa editrice, com'è giusto che sia. Scrivendo queste righe io sono già al limite di questa riservatezza, tuttavia intervengo su qualche blog perché sento un obbligo di sincerità verso i lettori.
Agli appassionati di Jacqueline Carey penso di poter dire con certezza che troveranno più divertente il prossimo romanzo "Il Sangue e il Traditore" che uscirà in febbraio. So di aver ottenuto un risultato migliore in quel romanzo, e spero che ne sarete più soddisfatti. Ad ogni modo, credo che ci risentiremo, e invito perciò chi avrà delle critiche a non avere peli sulla lingua. Sfogatevi, e ditela tutta. L'opinione dei lettori dev'essere franca, e più franca è, più è d'insegnamento per gli addetti ai lavori.
Una cosa comunque posso assicurarvela: se voi vi rivolgerete direttamente alla casa editrice con commenti, domande e magari proteste, troverete sempre una risposta, anche se breve, da parte di persone che fanno il loro lavoro con grande gentilezza ed esperienza. Persone proprio come voi, coi loro problemi di lavoro, le loro incertezze, la loro voglia di fare qualcosa di buono nonostante le spietate esigenze del mercato, insomma persone semplici alle quali voi potete dire qualunque cosa con assoluta franchezza. Contattarle via e-mail, o sul loro blog o sul loro link di facebook, è facile.
Gianluigi Zuddas
 
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Moirin
view post Posted on 26/11/2009, 21:59




La ringrazio veramente per aver risposto sul nostro forum, perchè significa che ci tiene alla'opinione di noi lettori e la rispetta.
Personalmente, come ho già detto nei precedenti post, ho amato molto la storia di Imriel e sono contenta di aver comprato e letto " Il trono e la stirpe", ma sono rimasta un po' perplessa per la traduzione. Mi spiego meglio: non mi è dispiaciuta la traduzione in generale, solo non ho amato particolarmente la traduzione di certe frasi o parole che sono ricorrenti nella prima trilogia, e che sono molto importanti. Avevano un non so che di poetico e bello che non ritrovo molto in questo libro. Dicendo questo non voglio essere irrispettosa nei riguardi del suo lavoro, probabilmente ciò è dovuto al fatto che lei e Elisa Villa avete due stili diversi, e quindi molto probabilmente andando avanti nella lettura mi abituerò al suo stile. :)
Queste perplessità sulla traduzione le ho anche scritte alla Casa Editrice Nord sulla pagina di Facebook, ma non ho ricevuto risposta e per questo sono molto contenta che lei abbia scritto qui il suo punto di vista, è stato importante saperlo,anche perchè credo che sia stato uno scambio di opinioni costruttivo.
 
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zuddas
view post Posted on 27/11/2009, 15:56




Grazie, Moirin, per il tuo intervento abbastanza comprensivo. Mi spiace sentirti dire che la tua mail alla casa editrice non ha avuto risposta. Posso solo supporre che questo sia dovuto al fatto che poco tempo fa c'è stato un certo riassestamento del personale, e che alcuni sono passati a nuovi incarichi. Forse questo ha disorganizzato le cose.
Temo però che la tua delusione per il cambiamento di traduttore dei libri della Carey non troverà rimedio. La casa editrice non sostituisce i traduttori salvo che non ci sia costretta, e poi non torna indietro. In genere questo avviene perchè il traduttore non si rende più disponibile e sceglie di dedicarsi ad altri impegni. Devi sapere che i traduttori non sono dipendenti della casa editrice, ma liberi professionisti esterni, e che lavorano su contratto: per ogni romanzo si fa un contratto di traduzione. Finito quel romanzo non sanno mai se la casa editrice li farà lavorare ancora. Siamo dei precari, dunque. Ma questo ci stimola a dare il meglio, romanzo dopo romanzo, se non vogliamo restare disoccupati. Se la traduttrice della prima trilogia della Carey si appoggia anche ad altre case editrici, questo significa che è più intelligente di me. Di lei posso dire soltanto che è bravissima, e che fa bene a sfruttare al meglio le sue splendide doti.
Per il momento, comunque, la Carey ha un problema di vendite scarse, qui in Italia. Io spero che la casa editrice riesca almeno a rifarsi delle spese e finisca questa trilogia di Imriel. I lettori dovrebbero capire che le case editrici come questa non hanno mai un comportamento cinico o mercantilistico. La verità è che fanno i salti mortali per mantenere le spese al minimo, sempre con l'incubo di dover chiudere e mandare a casa il personale per carenza di introiti.
 
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Anemon
view post Posted on 28/11/2009, 08:42




Gentilissimo GianLuigi - perdona il "tu", mi riesce spontaneo innanzi a tanta gentilezza e disponibilità! - innanzitutto grazie (a nome di tutto il Forum, anche se non sono un Fondatore, ne sono un assiduo, quotidiano frequentatore e, ovviamente, anche se non fanatico, appassionato dei romanzi di Jacqueline) per gli utilissimi e davvero esplicativi interventi. Premetto che il "tuo" libro è in lista fra i miei personali ...doni di Natale [eh eh eh ...], quindi avrò tempo per leggere ancora altri tuoi appunti, nella speranza che tu abbia ancora qualche minuto da dedicare a noi, magari "rubandolo" alle tue ore che immagino sempre impegnatissime [amo leggere, mi piace scrivere perchè mi piace la nostra bella lingua (forse a causa della mia non sottostimata cultara classica...) e ritengo che tradurre - tradurre BENE - richieda davvero moltissimo tempo, concentrazione e ...conoscenza]. Se permetti, gradirei un tuo commento, sperando di non essere messo all'indice [giustamente...] dai Masters del Forum per essere un poco ... uscito di tema, ma, forse, l'argomento potrebbe interessare un po' tutti. Spiego: appassionato di diversi generi letterari - senza mai esser fanatico, lo sottolineo... - , uno di quelli che mi appassionava e mi ha appassionato in passato è la fantascienza, o sf, come sinteticamente dicono gli Angloidi... Se qualcosina conosci, saprai che uno dei "classici" di questo genere è il ciclo di DUNE, realizzato negli anni '70 - '80 da Frank Herbert. Dopo l'ultimo libro pubblicato (La Rifondazione di DUNE), lo scrittore, anziano, è venuto a mancare ed il figlio, Brian, assieme allo scrittore Kevin J. Anderson ha pubblicato una trilogia ricavata da appunti, note e scritti del padre che costruivano un vero e proprio "Preludio a DUNE" [questo il titolo della trilogia]. I tre volumi sono usciti nel Mondo e qui da noi - ecco perchè mi lego all'argomento-Jacqueline - i primi due sono stati "spezzati" in 4 volumi, mentre il terzo ... Non ha mai visto la luce. "DUNE: HOUSE CORRINO", infatti, non è mai uscito in Italia e son passati ormai quasi 6 anni [Preludio a Dune 4: Vendetta Harkonnen è del 2004!]. Il fansite dedicato a DUNE è attivissimo, han fatto/scritto moltissimo, ma... Non hanno ottenuto nulla. Ecco, per fortuna per le appassionate di Terre d'Ange è andata un po' meglio (finora...), ma, un tuo pensiero su questo fatto? Per quanto scarse siano le vendite di un libro, di un testo e/o di un ciclo, ti sembra "corretto" nei confronti dei lettori - siano poche centinaia (non credo siano poche decina, suvvia!!!) o decine di migliaia, interrompere opere che hanno una continuità ed un finale [mentre Jacqueline mi sembra abbia nel cassetto ancora alcune idee sul Mondo di Phédre, Imriel & C., Brian & Kevin hanno particamente concluso l'Opera con "DUNE 7", due pagine o poco più di appunti scritti da Frank Herbert e dai quali hanno ricavato i due ultimi, conclusivi volumi dedicati a DUNE...]? E, soprattutto, che possono fare i ..lettori rimasti a bocca asciutta? Mi pare (ma non vorrei dire una fesseria, eh!!!) che gli Amici di DUNE ITALIA - questo il nome del fansite - abbiano addirittura tentato, qualche tempo fa, di fondare una Casa Editrice Privata per poter acquistare, tradurre e diffondere i libri ... !!!! E' forse questo il Destino di chi segue, si affeziona, ama un Ciclo Letterario???

Ti ringrazio per ciò che potrai aggiungere/commentare, come traduttore e sicuramente più addentro di tutti noi al tema di cui trattiamo ... Chiedendo scusa alle Amiche del Forum se ...sono uscito di tema...

Anemon/Paolo
 
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zuddas
view post Posted on 28/11/2009, 15:02





Caro Anemon/Paolo,
Ho letto anch'io il ciclo di Dune, quando fu pubblicato dalla casa editrice a cui collaboro. Non sapevo che ci fossero appassionati ancora attivi in rete. Ma... be', cosa vuoi che ti dica. La loro idea di tradurre e poi pubblicare in modo dilettantesco dei romanzi americani era chiaramente un'iniziativa destinata a morire ancor prima di nascere. Troppi sono gli ostacoli. Gli scrittori americani sono dei professionisti che non scherzano, e si affidano a degli agenti che vogliono vedere il colore dei soldi. Bisogna firmare contratti, organizzarsi, investire altro denaro nella stampa, e poi convincere un distributore a distribuire il libro in un numero decente di librerie, tutte cose già difficilissime per le piccole case editrici, e assolutamente impossibili per dei dilettanti.
Ma non chiedermi se sia giusto o no interrompere una serie già cominciata, e lasciare delusione e rabbia nei lettori. Io so che il personale delle case editrici è composto da persone oneste e sensibili; spesso sono loro stessi scrittori, o appassionati di letteratura. Sovente lo sono anche i proprietari, cioè quelli che prendono decisioni così impopolari in base alle vendite. Voglio dire, non è che si divertano a deludere i lettori, mentre sono troppo occupati a contare i soldi per pensare ad altro. Qualche anno fa si credeva che in Italia il libro fosse finito, e tutte le case editrici destinate a chiudere. Ci furono fallimenti a catena, e schiere di impiegati e traduttori restarono senza lavoro. Poi il potere passò nelle gelide mani dei ragionieri, e tutti si lamentarono che i ragionieri erano dei bastardi senza cuore. Ma i ragionieri riuscirono (e riescono ancora) a far sopravvivere molte case editrici. E oggi si dice che i giovani leggano di più, e c'è una ripresa del libro.
Ciao.
 
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Moirin
view post Posted on 28/11/2009, 15:12




CITAZIONE (zuddas @ 27/11/2009, 15:56)
Grazie, Moirin, per il tuo intervento abbastanza comprensivo. Mi spiace sentirti dire che la tua mail alla casa editrice non ha avuto risposta. Posso solo supporre che questo sia dovuto al fatto che poco tempo fa c'è stato un certo riassestamento del personale, e che alcuni sono passati a nuovi incarichi. Forse questo ha disorganizzato le cose.
Temo però che la tua delusione per il cambiamento di traduttore dei libri della Carey non troverà rimedio. La casa editrice non sostituisce i traduttori salvo che non ci sia costretta, e poi non torna indietro. In genere questo avviene perchè il traduttore non si rende più disponibile e sceglie di dedicarsi ad altri impegni. Devi sapere che i traduttori non sono dipendenti della casa editrice, ma liberi professionisti esterni, e che lavorano su contratto: per ogni romanzo si fa un contratto di traduzione. Finito quel romanzo non sanno mai se la casa editrice li farà lavorare ancora. Siamo dei precari, dunque. Ma questo ci stimola a dare il meglio, romanzo dopo romanzo, se non vogliamo restare disoccupati. Se la traduttrice della prima trilogia della Carey si appoggia anche ad altre case editrici, questo significa che è più intelligente di me. Di lei posso dire soltanto che è bravissima, e che fa bene a sfruttare al meglio le sue splendide doti.
Per il momento, comunque, la Carey ha un problema di vendite scarse, qui in Italia. Io spero che la casa editrice riesca almeno a rifarsi delle spese e finisca questa trilogia di Imriel. I lettori dovrebbero capire che le case editrici come questa non hanno mai un comportamento cinico o mercantilistico. La verità è che fanno i salti mortali per mantenere le spese al minimo, sempre con l'incubo di dover chiudere e mandare a casa il personale per carenza di introiti.

In realtà ogni volta che ho mandato le mail alla Nord mi hanno sempre risposto, questa volta ho scritto sulla pagina di facebook e forse il mio commento è passato inosservato.
Comunque la mia delusione non sta nel cambio di traduttore, probabilmente credi che il mio disappunto sia dovuto al fatto che mi ero abituata allo stile di scrittura della traduttrice precedente e ora devo fare l'abitudine al suo stile. Non è una critica personale nei suoi confronti, probabilmente se la trilogia precedente l'avesse tradotta lei e poi avessero chiamato qualcun'altro per tradurre questa avrei pensato la stessa cosa.
Rimango dell'idea che alcune espressioni le preferivo come erano tradotte nella trilogia precedente, ma è anche vero che se lei non aveva i libri precedenti a disposizione prima di iniziare a lavorare non poteva sapere le scelte linguistiche fatte da Elisa Villa. :)
 
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zuddas
view post Posted on 7/12/2009, 16:27






Su una pagina di questo blog ho trovato i primi 2 capitoli di "Kushiel's Justice" in lingua inglese. Visto che l'anno prossimo probabilmente dovrò tradurre anche questo romanzo della trilogia di Imriel, ho tradotto intanto l'inizio del secondo capitolo. E poichè qui si parla di traduzioni, ve lo mando.
Se volete dire la vostra, è meglio farlo "prima" che vada in stampa. Chi ne ha voglia, può cercare qui sul forum la pagina di questo secondo capitolo in lingua inglese, e confrontarlo con la mia traduzione. Il primo capitolo, essendo l'inizio del romanzo, è anche il più delicato; casomai, a quello penseremo in seguito.
E' solo una bozza, così vi prego di proporre in calce al testo le vostre correzioni per tutto ciò che non vi piace. Io ne prenderò nota per migliorare il testo definitivo.
Vi lascio alle vostre correzioni, proposte e critiche. Se avete voglia di farle. Mi saranno utili.


Titolo: KUSHIEL'S JUSTICE
Autrice: Jacqueline Carey
Traduzione dall'inglese di Gianluigi Zuddas
++++++++++++++++++++++++++++++++

Capitolo 2


«Ancora!»
Nel crepuscolo i denti di Joscelin biancheggiarono quando si mise in guardia di fronte a me, con la spada di legno protesa obliquamente. Io risposi con un sogghigno e balzai di nuovo all'attacco.
Le nostre lame si scontrarono in un clangore di colpi mentre ci giravamo attorno nel cortile, ciascuno saggiando le difese dell'altro. Sulle pietre della pavimentazione si stava formando una patina di rugiada che mi costringeva a badare dove mettevo i piedi. Con la coda dell'occhio guardavo quelli di Joscelin. A conferma delle scadenti poesie che Hugues scriveva su di lui, sembrava davvero scivolare. I suoi passi erano complicati e impeccabili.
Era bravo, migliore di me. Probabilmente lo sarebbe stato sempre. A dieci anni - l'età in cui io imparavo a chiedere pietà nella zenana del mahrkagir - Joscelin era entrato nella Confraternita Cassiliana e aveva cominciato a addestrarsi come monaco-guerriero. S'era allenato senza pausa, un giorno dopo l'altro.
Non era solo una questione d'allenamento. C'erano altri forti spadaccini tra i Confratelli Cassiliani. Ma nessuno di loro aveva mai dovuto prendere decisioni come le sue. Nessuno era mai stato messo alla prova come lui.
Gli feci pressione sul suo lato debole, il sinistro, dov'era più lento. Il braccio sinistro gli era stato fratturato a Daršanga. Consapevole di questo lui cedette terreno, scivolando indietro passo per passo mentre io continuavo ad attaccarlo. Poi, non so come, evitò il mio affondo con una leggera torsione del corpo e io mi trovai sbilanciato in avanti. Il suo gomito ossuto s'abbassò con durezza sul dorso della mia mano protesa.
«Oh, all'inferno!» La spada mi cadde dalle dita intorpidite. Le scossi per ritrovare la sensibilità.
Joscelin ridacchiò.
«Mi fai vedere?» chiesi.
«Guarda.» Deposta la spada a terra, lui mi mise una mano sul petto e l'altra sulla schiena, più in basso, facendo pressione. «Appoggia il tuo peso sul piede che si trova più indietro, e piega il ginocchio. Vedi?»
Feci come aveva detto. «Mi sento sbilanciato.»
«Allarga i tuoi punti d'appoggio.» Joscelin diede un calcetto al mio piede più avanzato. «Meglio.» Poi mi premette l'addome. «Tutto parte da qui, Imri. Non devi essere così rigido. Ti sei tenuto in allenamento?»
«No», ammisi. «Gallus Tadius non approvava lo stile cassiliano. Ci faceva allenare con...»
Lui non mi ascoltava più. Ciò che aveva visto in fondo al cortile, dietro di me, lo stava facendo sorridere. E poiché una sola persona al mondo poteva illuminare così il volto di Joscelin Verreuil, non avevo bisogno di guardare per sapere che si trattava di Phèdre.
Guardai lo stesso. Lei era là, sulla porta che si apriva sul cortile, le braccia strette al petto per difendersi dal freddo mentre osservava il nostro allenamento. Nei suoi occhi c'era tanto amore e tanta felicità che dovetti distogliere lo sguardo. Ciò che avrei voluto per me, non era per me.
«Mi fai vedere?» ripeté, per punzecchiarlo.
Lui rise piano, dolcemente. Attraversò lo spiazzo lastricato e appoggiò le mani su di lei come aveva fatto con me, solo non proprio così. Non allo stesso modo. Lei gli mise le braccia al collo e le maniche di velluto della sua veste scivolarono indietro lasciandole nude, candide e snelle. Mentre lui piegava la testa per baciarla, i suoi capelli biondo-grano ricaddero avanti. In quei brevi momenti tutto il resto del mondo cessò di esistere per loro.
Mi chinai a raccogliere le nostre spade. Quella vista non avrebbe dovuto farmi male. Quand'ero più giovane, quando ero un bambino, non mi faceva male. Io li amavo. Li amavo molto, entrambi. Loro mi avevano salvato dall'inferno, pagando per questo un prezzo terribile. Insieme avevamo ritrovato la salute. Avevamo ricostruito le nostre anime ferite diventando una famiglia, e l'amore che li univa era stato il centro di tutto. Io non avrei potuto mai, finché fossi vissuto, invidiare una sola briciola della loro felicità. Se l'erano meritata mille volte.
Però mi faceva male. Non avrei mai pensato che sarebbe successo, ma era così.
Ah, Elua! La gelosia è un cattivo padrone. Io avevo conosciuto l'amore e avevo conosciuto il desiderio, ma mai le due cose insieme; non in quel modo, il modo che esclude il resto del mondo. E c'era anche una tensione oscura. Che mi piacesse o no, io ero il figlio di mia madre; l'erede di Kushiel, benché un erede riluttante. Quella cosa era lì; sarebbe sempre stata lì. Phèdre era la Prescelta di Kushiel, nata per abbandonarsi, serva di Naamah e cortigiana senza eguali. Quella cosa era lì tra noi, e avrebbe continuato a esserci.
Mia madre ne aveva scritto:

Quando, mi chiedo, leggerai questa lettera? Non subito, credo. Ora sei troppo arrabbiato con me. Penso che aspetterai d'essere più maturo. Penso che aspetterai d'essere un uomo fatto.
Vorrei parlarti di Phèdre nó Delaunay.
Ti sarai chiesto: io l'ho amata? La risposta è no... e sì. Una cosa te la dirò per certa, figlio mio: l'ho conosciuta. Più di chiunque altro; meglio di chiunque altro.

Mi lasciai sfuggire un sospiro, chiedendomi cos'avesse pensato Phèdre di quelle parole. Tutto sommato, doveva esser stata d'accordo. Eppure, qualunque cosa fosse accaduta tra loro, era Joscelin che lei amava. E anche lui la conosceva. La guardai mentre si scostava da lui, sorridendo. Nella luce delle lampade che usciva della porta scorsi un lieve rossore sulle sue guance.
«Vieni in casa, tesoro?» mi disse. «Fa un gran freddo, qui fuori.»
«Vengo», risposi.
Com'era potuto accadere che due persone così diverse, così incompatibili, si fossero trovate e messe insieme? Quella sera a cena ci pensai, guardandoli, seduto a tavola. E mi dissi che ben difficilmente lo stesso sarebbe accaduto per me. Io avevo conosciuto la mia promessa sposa, Dorelei mab Breidaia, la nipote del cruarch. Era una dolce giovane donna dalla risata melodiosa, ma non riuscivo a immaginare di condividere con lei quella passione che consuma l'anima.
Feci un altro sospiro.
«Perché quell'aria così malinconica?» mi domandò Hugues. «Il nostro messer cassiliano ti ha dato una batosta?»
«No», dissi, poi notai lo sguardo divertito di Joscelin e mi corressi. «Be', sì.» Mi massaggiai la mano contusa. «Ma non è per questo. Credo... credo che domani andrò al tempio di Kushiel.»
«Cosa?» Joscelin mi guardò, incredulo. «Sei ammattito?»
Io non m'ero reso conto che avrei detto quelle parole finché non m'erano uscite di bocca. Le soppesai. «No», dissi lentamente. «Penso di aver bisogno di espiare.»
«Espiare cosa?» Lui continuò a fissarmi.
Pensai alla mia recente escursione nel campo dell'estorsione e del ricatto. Pensai ai soldati che avevo ucciso a Lucca, a Canis col petto trapassato dal giavellotto e a Gilot dopo la rivolta, calpestato e ferito. Pensai alle corna che avevo messo a Deccus Fulvius, e al folle fantasma di Gallus Tadius in piedi sul bordo del gorgo che alzava lo sguardo in cerca del mio, mentre lasciava cadere la sua maschera mortuaria. Pensai alla notte in cui Mavros mi aveva portato a Casa Valeriana, e al mattino dopo, quando avevo afferrato un polso di Phèdre e un impeto di desiderio mi aveva mozzato il fiato.
«Certe cose», dissi.
Joscelin scosse il capo. Phèdre appoggiò il mento su una mano e mi scrutò con uno sguardo intenso che non rivelava niente. Io lo sostenni con fermezza. «Sei sicuro?» mi domandò. «È come risvegliare i ricordi. Quelli brutti.»
«Tu ci vai», dissi. «Cosa ci trovi?»
Lei sorrise appena. «Oh, certe cose.»
Accennai di sì. «Sono sicuro.»
Non lo ero, non realmente; o almeno non ero sicuro di volerci andare l'indomani. Non avrei neppure saputo dire con certezza cosa mi avesse dato quell'impulso urgente. Dopo Daršanga, avrei detto che nulla mi avrebbe convinto a sottomettermi alla frusta di un uomo, o di una donna. Eppure quell'idea aveva trovato posto tra i miei pensieri.
 
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