Kushiel's Legacy ~ Jaqueline Carey's Saga First Italian Forum {Since 27-12-07}

[Estratto]"Il Dardo e la Rosa", Jacqueline Carey

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Melisande
view post Posted on 16/1/2008, 15:51




Ideuzza proposta dalle nostre parti, ovvero segnalare un estratto da un libro, per invogliare, più che con una semplice recensione, la lettura dello stesso.
Posto dunque gli inizi del primo volume della Carey. Chiunque può aggiugere commenti o postare quelle parti che maggiormente sono piaciute, per dare un'idea della bellezza dell'opera a chi cerca di avvicinarsi ad essa.


QUOTE
Affinché nessuno possa pensare che io sia un'illegittima - la figlia bastarda di qualche contadino lussurioso, venduta con contratto a termine in un periodo di magra - devo chiarire di essere nata in una Casa e cresciuta in modo appropriato alla Corte della Notte, per quel che mi è servito.
Mi è difficile provare risentimento verso i miei genitori, anche se invidio la loro ingenuità. Nessuno li aveva neppur avvertiti, al momento della mia nascita, di avermi fatto dono di un nome infausto: Phèdre, cosi mi hanno chiamata, senza sapere che si tratta di un nome elleno... e maledetto.
Quando venni al mondo, ardisco a pensare che avessero motivo per essere speranzosi. I miei occhi semichiusi erando ancora di un colore indefinito e l'aspetto di un neonato è qualcosa di mutevole, che cambia da una settimana all'altra. Ciocche bionde possono lasciar posto a boccoli corvini, il pallore della nascita intensificarsi in una ricca sfumatura ambrata, e così via. Quando la serie di trasformazioni amniotiche fu terminata, tuttavia, la verità divenne evidente.
Ero imperfetta.
Ovviamente non mi mancava la bellezza, neppure da piccolissima. Dopotutto sono di Terre d'Ange e, sin dal giorno in cui il Beato Elua posò il piede sul suolo della nostra incantevole nazione e la considerò la sua casa, il mondo ha saputo cosa significa essere angeline. I miei lineamenti delicati rispecchiavano quelli di mia madre, come una miniatura perfettamente intagliata. L'incarnato - sebbene troppo chiaro per i canoni di Casa Gelsomino - era tuttavia di una sfumatura d'avorio più che accettabile. I capelli, che crescevano in una piacevole profusione di ricci, erano più neri del nero: in alcune Case questa era vista come una caratteristica affascinante. I miei arti erano dritti e flessuosi; le ossa, una meraviglia di delicato vigore.
No, il problema era altrove.
In verità si trattava degli occhi... e neppure tutti e due, bensì uno soltanto.
Un particolare così piccolo per stabilire un tale destino! Nulla più che una pagliuzza, una screziatura, una minuscola macchiolina. Se fosse stata di un altro colore, forse, le cose sarebbero andate diversamente. I miei occhi, una volta raggiunta la tonalità definitiva, erano della sfumatura che i poeti chiamano "Bistro": una tinta intensa, profonda e luminosa, simile a quella di uno stagno nel cuore di una foresta, ombreggiato da antiche querce. Forse fuor da Terre d'Ange li si sarebbe potuti definire marroni, ma la lingua che si parla oltre i confini della nostra nazione è davvero inadeguata ai fini di descrivere la bellezza. Bistro, quindi, intenso, liquido e scuro; tranne che nell'occhio sinistro, nella cui iride brillava una macchia di colore diverso...
Rosso, per quanto dire "rosso" non sia sufficiente a descriverne la brillantezza: meglio definirlo scarlatto o cremisi, più rosso dei bargigli di un galletto o della mela glassata in bocca a un maialino arrosto.
Fu così che feci il mio ingresso nel mondo: con un nome infausto e una puntura di spillo color sangue nello sguardo.

Paragrafo introduttivo de "Il Dardo e la Rosa" (Kushiel's Dart), autrice Jacqueline Carey, Editrice Nord, traduzione di Elisa Villa. © 2001 by Jacqueline Carey, © 2005 Editrice Nord

Grazie a chi ha sistemato il titolo^^

Edited by Melisande - 16/1/2008, 19:35
 
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_sil_contessa di montreve
view post Posted on 17/1/2008, 12:25




ecco un estratto della stupenda sequenza di quando Phèdre si reca dal marquist per farsi tatuare il primo tratto della marque.


CITAZIONE
Finalmente arrivò il momento per il marquist d'iniziare a disegnare. Come vuole la consuetudine, iniziò dal fondo della colonna vertebrale, proprio nel punto in cui termina. Non potei vederlo scegliere il punzone e tuffarlo nel conenutore ma sentii sulla pelle la puntura di una dozzina di minuscoli aghi e l'umido diffondersi dell'inchiostro.
Quindi colpì il punzone con la mazzuola e quegli stessi aghi mi trafissero l'epidermide, impregnando la carne alla base della schiena di una piccola quantità d'inchiostro nero. Quel dolore mi diede una scossa meravigliosa, tanto che emisi un gemito involontario e le mie anche ebbero un sussulto, protendendosi contro la dura superficie contro di me e schiacciandomi il pube sul tavolo da disegno. Mastro Tielhard mi sculacciò di nuovo.
"accidenti alle anguissettes" grugnì, concentrandosi sul lavoro "il mio grandpère diceva sempre che sono persino peggio di quelli che piangono o sanguinano. Adesso so perchè."
Ignorando le sue lamentele, mi sforzai di restare immobile mentre lui continuava a picchiettare,picchiettare, picchiettare con la mazzuola, istoriandomi la pelle con le linee della marque.
Ne gustai ogni istante.



Edited by Alexiel Mihawk - 17/1/2008, 12:42
 
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1 replies since 16/1/2008, 15:51   720 views
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