Allora, premetto che non ho ancora letto ""il trono e la stirpe", nè in inglese nè in italiano, quindi non ho idea nè del tuo (gli utenti hanno deciso di darti del tu, vero?) stile, nè del modo in cui hai gestito il passaggio da una lingua all'altra.
Sono un'aspirante traduttrice, e conosco abbastanza la saga di Phedre, avendola letta due volte per chiarire certi punti che non avevo afferrato in pieno, quindi ho anche un'idea abbastanza superficiale, e non professionale come la tua, dello stile della traduttrice precedente.
Prima di passare ai particolari, vorrei parlare di una mia sensazione leggendo la tua traduzione, di una differenza rispetto alla saga precedente: le pagine di Elisa Villa mi davano l'impressione che qualcuno stesse parlando attraverso un sogno, descrivendo il mondo circostante come attraverso un filtro "ovattato". Penso di essermi spiegata malissimo, ma forse qui qualcuno mi capirà, avendo ben presente la saga di Phedre. Nella stessa saga di Phedre, tuttavia, ho anche trovato qualche termine o frase per nulla adatto/a, che mi distoglieva da questa sorta di incanto, e, sinceramente, mi irritava senza che io me ne rendessi conto. Questo è il caso che si presenta anche nel momento in cui, nella tua traduzione, Imriel sbotta con un:
CITAZIONE
«Oh, all'inferno!»
che sebbene sia indubbiamente corretto dal punto di vista letterale, non si accorda benissimo con l'atmosfera che si stava iniziando a creare nelle prime righe.
Stesso discorso per il "non proprio così"
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appoggiò le mani su di lei come aveva fatto con me, solo non proprio così.
come se a parlare fosse ancora l'Imriel bambino (quanti anni ha in questo libro? Dovrebbe essere intorno ai 16 anni, mi pare). Sostituirei con un più formale "ma non esattamente allo stesso modo", o "maniera"..Anche perchè, soprattutto ora che conosci i libri della saga di Phedre, hai sicuramente notato che la Villa ci ha abituato ad un linguagglio leggermente formale, ma quasi mai artificioso, se non magari in presenza di qualche membro della famiglia reale o di qualche nemico, a sottolineare l'ipocrisia alla base del rapporto tra gli interlocutori. Ora, so che tu non stai traducendo un libro per spacciarlo per un lavoro della Villa (il che sarebbe l'unico motivo per cui adattare il tuo stile personale al suo), e so anche che vuoi attirare un nuovo pubblico, ma quando si propone una "rivoluzione" simile, bisogna non dimenticare di tenersi stretto quello vecchio, di pubblico, altrimenti si torna al punto di partenza!
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Quella cosa era lì
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Quella cosa era lì tra noi, e avrebbe continuato a esserci.
La parola "cosa". Suona male, è vaga, sembra ancora una volta pronunciata dalla bocca di un bambino piccolissimo. Nella mia stupidissima, inutilissima e ignorantissima opinione, io eviterei quanto più possibile di scrivere "cosa", sia in una traduzione, che ovunque (anche qui sul forum, ovviamente). è uno di quei vocaboli che comprendono campi di significato troppo vasti e quindi vengono abusati, senza poi contare che esiste sempre un altro modo per esprimere lo stesso concetto in maniera forse anche più approfondita. In questo caso credo sia più complicato trovare qualche soluzione, anche perchè a "cosa" in lingua originale corrisponde un intraducibile "it". A "cosa", tuttavia, si potrebbero sostire vocaboli come "fatto"," dato di fatto" o, volendo, addirittura "limite" od "ostacolo".
CITAZIONE
«Cosa?» Joscelin mi guardò, incredulo. «Sei ammattito?»
Io non m'ero reso conto che avrei detto quelle parole finché non m'erano uscite di bocca. Le soppesai. «No», dissi lentamente. «Penso di aver bisogno di espiare.»
"Ammattito"..Non so, la vedo una parola poco armoniosa. Sostituirei con un più semplice "impazzito", o con "Sei andato fuori di testa", o comunque qualcosa di simile.
E poi a quali parole si riferisce Imriel? Quelle dette in precedenza o quelle che sta per dire in quel momento? Non ho afferrato benissimo in senso in inglese (prima di cominciare a tradurre avrò il mio bel daffare con la consecutio temporum^^)
CITAZIONE
«Certe cose», dissi.
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Lei sorrise appena. «Oh, certe cose.»
Di nuovo il discorso sulla parola "cosa", e vabbè. è bello il modo in cui ripeti spesso certe frasi, per sottolinearle e dare loro più importanza, certo non ignoro che qui la ripetizione esiste perchè Phedre ha intenzione di fare la misteriosa con Imri e lasciagli intendere che ha compreso ciò che lui trova nel tempio di Kushiel, ma ne sto approfittando per sottolineare che forse queste ripetizioni sono un po' troppo frequenti, e potrebbero appesantire eccessivamente la lettura.
CITAZIONE
«Sei sicuro?» mi domandò. «È come risvegliare i ricordi. Quelli brutti.»
"brutti". Parola elementare, pronunciata da Phedre verso Imriel, come anche il "tesoro" di quando lo invita dentro casa perchè fuori fa freddo. Come se Imriel fosse ancora troppo piccolo..Sostituirei rispettivamente con "Ricordi spiacevoli" (questo si che è un concetto da sottolineare!) e con "caro", che sembra più freddo ma esprime comunque amore, e tiene conto del fatto che Imriel ormai è un giovanotto, e non più il terrorizzato bambino di 10 anni di Daršanga, nè quello che non dorme la notte per gli incubi: anzi, egli stesso mostrerà dei segni di superamento dell trauma quando dirà, nelle ultime righe che ci hai donato qui:
CITAZIONE
Dopo Daršanga, avrei detto che nulla mi avrebbe convinto a sottomettermi alla frusta di un uomo, o di una donna. Eppure quell'idea aveva trovato posto tra i miei pensieri.
Avrei scritto altre cose, ma sono tutte collegate alla mia iniziale sensazione di "atmofera ovattata" e "formalità spontanea", diciamo così. Spero che ne terrai conto, per me sarebbe solo un onore, e spero anche di non averti annoiato, di non aver scritto critiche eccessivamente stupide o poco costruttive, e di non esserti sembrata odiosamente maleducata, saccente e antipatica mentre scrivevo le mie motivazioni.
Grazie per il tempo che mi hai dedicato
Edited by neversentletter - 10/12/2009, 22:45